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Processo penale: inammissibile il deposito telematico della lista testi

Il caso: il ricorrente in Cassazione chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale che lo ha dichiarato colpevole del reato di esercizio della caccia mediante richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, e lo ha condannato alla pena di 1.000,00 euro di ammenda.

Con il primo motivo, lamentando la mancata ammissione dei testimoni indicati nella propria lista tempestivamente depositata a mezzo pec, eccepisce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. d), la violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 2: in particolare egli lamenta la mancata ammissione della lista dei testimoni depositata a mezzo PEC e la affermazione della sua responsabilità fondata esclusivamente su una prova documentale non genuina.

Gli Ermellini, in punto di deposito telematico della lista testi, ritengono infondata la doglianza sulla base delle seguenti argomentazioni:

  • deve essere escluso che il “deposito” della lista testimoniale di cui all’art. 468 c.p.p., comma 1, possa essere effettuato con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità; in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente, il “deposito” della lista testimoniale non può perciò essere effettuato con modalità telematiche (espressamente previste, invece, per il processo civile);
  • la trasmissione della lista a mezzo posta elettronica certificata onera la cancelleria che la riceve della attività di stampa e materiale deposito dell’atto con modalità nemmeno temporalmente scandite, con conseguente possibilità di ulteriore abbreviazione del termine previsto dall’art. 468 c.p.p., comma 1;
  • la lista testimoniale non è indirizzata solo al giudice, ma anche alle parti che possono chiedere di essere ammessi a prova contraria e devono essere messe in condizione di farlo: l’inesistenza, nel processo penale, di un fascicolo informatico impedisce alle altri parti di accedervi in tempo reale e consultare immediatamente gli atti depositati con modalità telematiche;
  • il “deposito telematico”, inoltre, necessita dell’indicazione di regole precise in ordine alle modalità e tempestività dell’adempimento che, previste per il processo civile, sono del tutto assenti in quello penale; pertanto, non è consentito alle parti, pubbliche e private, di effettuare comunicazioni o notificazioni a mezzo posta elettronica certificata, nè adempimenti previsti con modalità la cui osservanza è stabilita a pena di inammissibilità;
  • alla stregua del suddetto principio, è stato quindi affermato che nel processo penale alle parti private non è consentito:a) proporre istanza di rimessione in termini a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato (Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015);

    b) proporre ricorso per cassazione o appello perchè le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della posta elettronica certificata (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016);

  • è stata ritenuta inammissibile anche l’impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l’uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., esplicitamente indicato dall’art. 309, comma 4, a sua volta richiamato dall’art. 310 c.p.p., comma 2, – e applicabili anche al pubblico ministero – sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della PEC (Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015).
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