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DIPENDENTI PUBBLICI COINVOLTI IN PROCESSI PENALI: sospensione obbligatoria o facoltativa ?

Nel caso un dipendente pubblico venga raggiunto da un avviso di garanzia nell’ambito di un procedimento penale, l’Amministrazione di appartenenza, venuta a conoscenza dell’esistenza di detto procedimento è tenuta ad aprire nei suoi confronti un procedimento disciplinare che deve concludersi con una sanzione o un’archiviazione.

A fronte di questa regola generale, tuttavia, onde evitare di compiere attività amministrativa che potrebbe poi rivelarsi inutile o addirittura portare alla revoca di sanzioni disciplinari già comminate, il datore di lavoro pubblico ha la facoltà di sospendere il procedimento disciplinare avviato, correlandolo alla durata e all’esito del procedimento penale, qualora ad es. la particolare complessità del fatto addebitato lo richieda oppure non disponga di elementi sufficienti a supporto di una eventuale sanzione. In questo caso, anche contestualmente, la stessa Amministrazione può sospendere dal servizio in via cautelare il dipendente se la continuazione della sua attività è ritenuta deleteria per l’immagine dell’Ente oppure può divenire occasione per il ripetersi delle condotte illecite contestate.

La norma principale di riferimento in materia che disciplina la SOSPENSIONE CAUTELARE DEL DIPENDENTE PUBBLICO è l’art. 55-ter, del d.lgs. n. 165/2001, rubricato proprio “Rapporto fra procedimento disciplinare e procedimento penale” e che testualmente prevede “Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale. Fatto salvo quanto previsto al comma 3, il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo. Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente”.

A seguito della sospensione al dipendente è corrisposta un’indennità di natura assistenziale pari al 50% dello stipendio tabellare in godimento al momento della sospensione nonché gli assegni del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianità, salvo conguaglio nel caso in cui il procedimento penale si concluda con una pronuncia di assoluzione con formula piena e il procedimento disciplinare, a esso correlato, si chiuda conseguentemente con un provvedimento di archiviazione (la c.d. restitutio in integrum).

La restitutio in integrum connessa alla sospensione facoltativa consiste nella ricostruzione della carriera in termini di anzianità di servizio e pagamento delle retribuzioni non pagate e ha natura retributiva, non risarcitoria. Essa è dovuta, dunque, nel caso in cui interviene l’assoluzione del lavoratore con sentenza passata in giudicato.

Ciò significa che la sospensione cautelare, per il suo carattere unilaterale e discrezionale, non fa venir meno l’obbligazione retributiva ma la sospende e la subordina all’accertamento della responsabilità penale prima e disciplinare dopo del dipendente. Solo qualora il procedimento disciplinare si concluda sfavorevolmente per il dipendente con la sanzione del licenziamento, il diritto alla retribuzione viene definitivamente meno, in quanto gli effetti della sanzione retroagiscono al momento dell’adozione della misura cautelare; viceversa qualora la sanzione non venga inflitta o ne sia irrogata una di natura tale da non giustificare la sospensione sofferta, il rapporto riprende il suo corso dal momento in cui è stato sospeso, con obbligo per il datore di lavoro di corrispondere le retribuzioni arretrate.

Infine è’ stato chiarito dalla giurisprudenza:

1)  che la sospensione NON  rappresenta in sé un provvedimento disciplinare avente CARATTERE SANZIONATORIO, bensì una misura cautelare configurabile come atto strumentale all’adozione di eventuali successivi provvedimenti disciplinari con una durata limitata nel tempo. La finalità della misura è quella di impedire che, in pendenza di un procedimento penale, la permanenza in servizio del dipendente inquisito possa pregiudicare l’immagine e il prestigio dell’Amministrazione di appartenenza (Cons. di Stato, Sez. III, sentenza 11 luglio 2014, n. 3587);

2) che per la sua adozione NON E’ RICHIESTO che l’Amministrazione svolga UNA DETTAGLIATA ANALISI DEI FATTI CRIMINOSI ascritti all’impiegato né che si diffonda nell’esame delle valutazioni effettuate in sede penale ma necessita solo dell’APPREZZAMENTO GRAVITA’ DELLE CONDOTTE ADDEBIATATE all’interessato E dell’eventuale TURBAMNETO ARRECATO alla FUNZIONALITA’ DELL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA dalla sua sottoposizione a procedimento penale (Cons. di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2006, n. 2656).

3)  che la sospensione cautelare facoltativa richiede soltanto il presupposto della natura particolarmente grave del reato e non che il dipendente abbia assunto la qualità di imputato, essendo sufficiente a tal fine la sottoposizione a procedimento penale. Quindi ANCHE NELLA FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI è possibile comminare la sospensione dell’impiegato (sul punto, Cons. di St., Sez. VI, sentenza n. 880/2013).

( Avv. Carlo Carandente Giarrusso – Patrocinante in Cassazione )

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