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I GENITORI POSSONO PUBBLICARE SUI SOCIAL LE FOTO DEI FIGLI MINORI ?

La domanda  è oggi  più che pertinente ed attuale considerato che, da un lato è evidente che manca il consenso del diretto interessato e dall’altro in alcune circostanze anche quello del genitore, ma anche e soprattutto  in considerazione del fatto che spesso rinveniamo  fatti di cronaca  nei quali viene viene in evidenza quanto sia pericolosa questa  consuetudinaria e voyeristica pratica.

Ma facciamo chiarezza !

Premesso che la tutela dei minori è consacrata dalla Costituzione quando sancisce che la Repubblica Italiana protegge l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo ( artt. 2 e 31, comma II, Cost.), in Italia quando un ragazzo ha meno di 14 anni non può aprire un account su un social network, e non può neanche pubblicare fotografie sue, salvo il consenso dei genitori, in ottemperanza al Decreto Legislativo 101/2018 che ha recepito in Italia il regolamento Ue 679/2016 (Gdpr) e che fissa a 14 anni la soglia minima per iscriversi a un social network senza il consenso dei genitori, i quali devono attivare il profilo a loro nome, firmare le varie liberatorie e l’informativa sulla privacy, per decidere se e quando consentire al figlio minorenne di usufruire della piattaforma.

Le cose cambiano dopo i 14 anni, momento nel quale la legge autorizza i minorenni a gestire un account social come vogliono e senza che i genitori  lo possano impedire.

Il minore, tuttavia, potrebbe negare il consenso alla pubblicazione di immagini che lo ritraggano.

Ma cosa accade se i genitori litigano ?

La legge prevede che sia il padre che la madre possono rivolgersi al tribunale. L’articolo 316 del codice civile, infatti, sul punto testualmente prevede che: “In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei”.

Il giudice, una volta sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che ha compiuto i 12 anni e anche di età inferiore se capace di discernimento, pronuncia le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità della famiglia.

Se il contrasto resta, il giudice attribuisce il potere decisionale al genitore che, nel singolo caso, ritiene possa essere il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

Diverse, tuttavia, sono le pronunce di tribunali che condannano un genitore separato per avere pubblicato sui social network delle foto del figlio senza chiedere il consenso dell’altro genitore.

A titolo esemplificativo si segnala :

  • nel 2013 il Tribunale di Livorno che prescrisse l’eliminazione delle foto della figlia minorenne dal profilo Facebook della madre e la disattivazione del profilo della figlia.
  • nel 2017 il Tribunale di Mantova che ordinò a una madre di non inserire le foto dei figli e di rimuovere quelle pubblicate.
  • nel 2017 il Tribunale di Roma che con un’ordinanza del 23 dicembre 2017, stabilì che il genitore che continua a pubblicare sui social network immagini e notizie relative alla vita privata del figlio, violando un precedente divieto dell’autorità giudiziaria, deve rimuovere le immagini e le notizie pubblicate e non farlo più in futuro.
  • nel 2018 il Tribunale di Siracusa che con sentenza del 28 febbraio 2018 n. 397, stabilì che il padre non può pubblicare senza l’autorizzazione della madre le foto dei figli minori sui social network e deve rimuovere quelle che esistono in considerazioni e a tutela del diritto alla privacy del minore e sui pericoli che si verifichi una gestione delle foto da parte di terzi.

In sintesi la giurisprudenza ritiene  – a giusta ragione –  che  anche in questi casi si tratta di  aspetti che attengono all’educazione dei figli in ordine ai quali è necessario comunque che  sussista  un comune accordo dei genitori.

E’ interessante, infine, segnalare per completezza  una recente sentenza dello scorso luglio del Tribunale di Chiesti che ha lasciato al minore, in questo caso diciassettenne, di decidere se prestare il consenso o meno ( sent. n. 403/20 del 21.7.2020 – Tribunale di Chiesti) e ciò anche sul presupposto riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione che così come nel caso di specie, per la fasce d’età che va dai 16 anni si parla di “ grandi minori”.  Ciò è tanto vero se solo si considera che a 16 anni e a determinate condizioni i minori possono contrare matrimonio, accedere all’interruzione della gravidanza, dopo i 14 anni sono responsabili dei reati commessi ecc.

( Avv. Carlo Carandente Giarrusso – Patrocinante in Cassazione)

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